“Nel 205°anniversario della fondazione del Corpo della Polizia Penitenziaria rendiamo omaggio al difficile e nobile compito demandato ai suoi appartenenti; servitori dello Stato che quotidianamente, lontano dai riflettori, scevri dal clamore mediatico e con rischi immanenti sulla propria incolumità, assicurano un contributo imprescindibile nella nostra architettura costituzionale, coniugando compiti di polizia – non limitati alla gestione di chi è sottoposto a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, ma riguardanti anche gli ambiti di pubblica sicurezza, polizia giudiziaria e stradale – col cruciale ruolo di trait d’union tra la Legge e il detenuto.” – rende noto il Sottosegretario alla Difesa Stefania Pucciarelli nella data a cui si fa convenzionalmente risalire la nascita di questo Corpo di polizia, in virtù delle Regie Patenti del 18 marzo 1817 relative all’approvazione del ‘Regolamento delle Famiglie di Giustizia’ con la suddivisione delle carceri del Regno Sardo in 7 classi, in funzione del numero degli organici dei Soldati di Giustizia.

“Ciò che è oggi la Polizia Penitenziaria – ha proseguito il Sottosegretario Pucciarelli –, nel suo essere Corpo ad ordinamento civile parte delle nostre forze dell’ordine, con dipendenza dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, è frutto del virtuoso spirito di trasformazione con le mutazioni sociali e normative del nostro vivere civile; adattamento i cui principali passaggi del dopoguerra sono stati la riforma penitenziaria del 1975 e la riqualificazione di status e funzioni del Corpo, nel dicembre 1990, con la smilitarizzazione, l’apertura alle donne e la partecipazione nel trattamento rieducativo dei detenuti, aggiuntasi agli usuali compiti di sicurezza entro gli istituti penitenziari.

Fedeli al proprio motto – Despondere spem, munus nostrum; Garantire la speranza è il nostro compito – gli uomini e donne della penitenziaria svolgono un difficilissimo ruolo, che merita la nostra massima attenzione; a stretto contatto con una realtà umana e ambientale complessa – fatta anche di soggetti pericolosi, taluni artefici di crimini atroci, e spesso in condizioni di sovraffollamento – per poi rientrare a casa a fine turno, togliersi la divisa e, da genitori, figli o compagni di vita, trovare la forza per regalare un sorriso alla propria cerchia di affetti e amicizie. Certi di aver concorso, col proprio operato, a proteggere il vivere sociale. Per questo – ha concluso Pucciarelli – l’anniversario dei primi 205 anni del Corpo deve vederci solidali nel rinnovare il nostro convinto grazie a tutti i suoi appartenenti.”